DATA: 25 novembre 2022
Comitato scientifico: Umberto Castiello (Università degli studi di Padova), Marco Dinetti (LIPU), Patrizia Menegoni (ENEA), Bartolomeo Schirone (Università degli studi della Tuscia)
Venerdì 25 novembre, un nuovo incontro “IL RESPIRO DEL MONDO”, una mattinata dedicata ad ulteriori riflessioni intorno al rapporto tra umano e vegetale a partire da due esperienze carcerarie straordinarie perché “Il giardino non è solo un luogo di pace e serenità. E’ anche un posto dove impari dai fallimenti. Sono i fallimenti che ti insegnano la pazienza, la costanza, la precisione e la cura necessaria in quello che fai.” (Cascina Bollate).
Uno spazio per ragionare insieme sulla necessità di abbandonare atteggiamenti distaccati e predatori nei confronti della natura per far spazio ad una responsabilità etica orientata ad una rinnovata ecologia delle azioni e delle relazioni.
Ovunque si scorgono tutti i terribili segni come quelli di “una guerra silenziosa che stiamo perdendo”… “consumiamo ogni giorno senza pensare, senza accorgerci che il consumo sta consumando noi e la sostanza del nostro desiderio”. (Zygmunt Baumann)
Spaesamento, deterritorializzazione, frammentazione, smarrimento del senso di identità e delle relazioni, della storia e dei luoghi, isolamento: sono questi alcuni dei nodi concettuali del pensiero contemporaneo, genesi dI imbarbarimento, fonti di disagio, malessere per molti esseri umani, forse più sensibili, probabilmente più umani.
Hillman sostiene che le malattie degli esseri umani non possono più essere considerate isolatamente dalla malattia del mondo. Le problematiche psichiche (e in gran misura fisiche) non sono più solo dentro le persone, il mondo stesso è attualmente il soggetto di una sofferenza drammatica, non è più possibile oggi prendersi cura di sé senza prendersi cura allo stesso tempo del mondo.
Prendersi cura di piante, animali, uomini, relazioni, prendersi cura del mondo, richiede cura di sé, capacità di cambiamento radicale di atteggiamenti e di stili di vita. Occorre educarsi, dunque, al passaggio da “padroni dell’ente a pastori dell’essere” (Heidegger).
Il mondo che ci circonda come natura e come cultura non è da utilizzare, come se non avesse un’anima, ma è da custodire con sapienza, rispetto, delicatezza, apertura e disponibilità all’alterità che rappresenta. E’ sempre più urgente un sostanziale recupero del senso etico e della capacità di guardare al vivente nella sua sacralità, consapevoli di dovere essere sempre più compartecipi del destino di tutto il pianeta.
La corrispondenza tra cura di sé e cura del mondo, tra giardino dell’anima e anima del giardino implica una contemporanea attenzione a ciò che è fuori ed a ciò che è dentro, alle forme della natura ed alle percezioni interiori.
Assumono un ruolo rilevante in questa direzione le attività in grado di esaltare una sorta di attenzione divisa, in cui quanto più sono concentrata/o su ciò che mi circonda tanto più lo sono su di me… e tutto ciò conduce ad un’esperienza immersiva di consapevolezza di appartenenza reciproca.
Il giardino come spazio intermedio tra cultura e natura, tra coscienza e inconscio, tra spirito e corpo, tra ciò che è chiaro e ciò che è oscuro rappresenta un contesto particolarmente interessante per la coltivazione di un nuovo modo di “abitare la terra”. Esso non è un edificio costruito e neppure un luogo selvatico, ma collega tra loro questi elementi, è un luogo dove coltivare piante e far crescere coscienze, dove praticare la creatività, è pertanto uno spazio particolarmente adatto ad un’attività di mediazione simbolica.
Il valore formativo della cura delle piante e degli animali permette di connettere pensiero e azione, intelletto e mano, favorendo il senso di appartenenza al proprio ambiente e di poter sperimentare concretamente la partecipazione di ogni organismo vivente al mantenimento della vita.
La pratica educativa si deve assumere in tal senso l’importante compito di stimolare l’altro alla scelta di esistere, unica possibilità che conduce ad una buona vita . Pertanto, il compito di chi educa è quello di mettere l’altro nella condizione di “assumersi la responsabilità di dare forma al proprio modo di esserci” (Mortari) e stimolarlo ad intraprendere così un processo di autoformazione che lo porta ad apprendere ad avere cura di sé e degli altri.
Anche gli antichi si interrogavano su come promuovere la cura di sé nell’altro, Socrate sosteneva che avere cura di sé significa sostenere la propria anima “affinché assuma la migliore forma possibile” ed è qui che si situa il celebre “conosci te stesso” come principio guida per riuscirci.
Sviluppare solidarietà, socialità, reciprocità rientra tra le nuove missioni alle quali le nostre comunità possono ambire, richiamando la cura per la sacralità della vita in tutte le sue manifestazioni, indirizzando ad un nuovo sguardo ermeneutico sul quotidiano, verso un’ecologia dell’ambiente strettamente connessa all’ecologia delle relazioni umane.
Lo scopo per cui le piante finiscono nelle nostre case, sulle nostre mensole, nei nostri giardini e nei viali delle nostre città è uno strano ibrido tra ornamentale e funzionale.
Dal punto di vista funzionale, soddisfano un probabile istinto atavico dell’uomo: quando fai crescere qualcosa con le tue cure, ciò che ti ritorna, sotto forma di soddisfazione e appagamento, dà certamente un certo benessere! Dal punto di vista ornamentale, non vi sono dubbi… le piante sono belle!
Le piante sono dunque anche un vezzo che può diventare passione, e quando diventa passione inizia la ricerca. Ma perché nasce la passione per le piante?
E’ proprio l’argomento di questo incontro: riflessioni, racconti ed esperienze dai perimetri dei laboratori, dalle file ordinate di piante dei vivai, all’ombra delle alte mura dei carceri, nei viali di giardini e nelle selve.